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09 luglio 2006

Addestramento coniugi

Cosa ho imparato da Shamu riguardo ad un matrimonio felice.
di Amy Sutherland


Sto lavando i piatti sull'acquaio, quando mio marito cammina nervosamente dietro di me, visibilmente irritato. "Hai visto le mie chiavi?" sibila infastidito, quindi sbuffa e zompa qui e là con il nostro cane, Dixie, ansioso per il nervosismo del suo umano preferito.

In passato avrei fatto come Dixie. Avrei chiuso il rubinetto e mi sarei unita alla caccia e nel frattempo avrei cercato di lenire le pene di mio marito con un frase calmante tipo "Non preoccuparti, vedrai che salteranno fuori." Ma questo non avrebbe fatto niente se non renderlo più nervoso, e una banalità come perdere le chiavi sarebbe presto degenerata in un drammone con protagonisti noi due e un povero cane nervoso.

Ora invece mi concentro sul piatto bagnato fra le mie mani. Non mi volto nemmeno. Non dico una parola. Uso una tecnica imparata da un addestratore di delfini.

Io amo mio marito. E' una persona colta, avventurosa, e ha un modo peculiare di parlare con l'accento del Vermont settentrionale che ancora a fare breccia dopo 12 anni di matrimonio.

Ma tende anche ad essere sbadato, ed è spesso indolente e lunatico. Bazzica in cucina chiedendomi se io abbia letto questo o quel pezzo sul New Yorker proprio quando cerco di concentrarmi sulle pentole che bollono. Lascia in giro fazzoletti usati. Soffre di crisi di sordità maritale ma non manca mai di captarmi se sto mormorando qualcosa fra me e me dall'altra parte della casa. E grida: "Hai detto qualcosa?".

Questi piccoli fastidi non sono fra quelle cose che portano alla separazione e al divorzio, ma dài e dài hanno cominciato ad appannare i miei sentimenti per Scott. Io volevo - dovevo - portarlo un po' più vicino alla perfezione, trasformarlo in un partner che mi desse un po' meno fastidi, che non mi facesse aspettare al ristorante, qualcuno un po' più facile da amare.

Così, come molte mogli prima di me, ho iniziato ignorando un'intera libreria di consigli e mi sono messa a cercare di migliorarlo. Come? Scocciandolo, ovviamente, la qual cosa non ha fatto che peggiorare i suoi comportamenti: guidava più forte, si faceva la barba meno spesso o non se la faceva affatto; lasciava la sua tenuta da ciclista sul pavimento del bagno anche per più tempo di prima.

Andammo da una consulente coniugale per arrotondare gli spigoli del nostro matrimonio. Lei non capì cosa ci facessimo lì, e si complimentò ripetutamente sul modo in cui noi comunicavamo. Mi arresi. Immaginavo che avesse ragione - la nostra unione era molto salda - e mi ero rassegnata ad anni di tiepido risentimento e di sarcasmi occasionali.

Poi successe qualcosa di magico. Per scrivere un libro riguardo ad una scuola per addestratori di animali, iniziai a fare la pendolare fra il Maine e la California, dove passavo i miei giorni osservando gli studenti fare l'impossibile: insegnare alle iene a fare le piroette a comando, insegnare ai puma ad offrire i loro cuccioli per tagliare le unghie, e insegnare a fare skateboard ai babbuini.

Io rimasi ad ascoltare, rapita, quando gli addestratori professionisti spiegavano come facessero ad insegnare ai delfini a saltare e agli elefanti a dipingere. Finalmente realizzai che le stesse tecniche potevano funzionare anche sulle specie più testarde ed adorabili, il Marito Americano.

La lezione principale che appresi dagli addestratori di animali esotici è di ricompensare i comportamenti che mi vanno bene e ignorare quelli che non mi aggradano. Dopo tutto, non si insegna ad un leone marino a tenere la palla in equilibro sul naso scocciandolo. La stessa cosa vale per il Marito Americano.

Tornata nel Maine, cominciai a ringraziare Scott ogni volta che metteva una camicia sporca nel portabiancheria. Se gliene metteva due, gli davo un bacio. Nel frattempo, avevo deciso che avrei calpestato tutti gli indumenti sporchi per terra senza proferire verbo, anche se ogni tanto li calciavo sotto il letto. Ma appena colse la mia approvazione, il mucchio di panni si ridusse.

Usavo un metodo che gli addestratori chiamano "approssimazioni", ricompensando i piccoli passi verso un comportamento del tutto nuovo. Non puoi aspettarti che un babbuino impari a fare le capriole in una sola lezione, come non puoi aspettarti che il Marito Americano cominci a raccogliere regolarmente i suoi calzini sporchi semplicemente ringraziandolo per aver tirato su un calzetto. Con i babbuini prima li ricompensi per un salto, poi per un salto più grande, poi per uno ancora più grande. Con il Marito Scott, iniziai a lodare ogni piccola azione ogni volta: se guidava anche solo di un chilometro all'ora più piano, se buttava un paio di pantaloncini nel cesto dei panni sporchi, o per qualsiasi occasione in cui era in orario.

Cominciai quindi ad analizzare mio marito come farebbe un addestratore con un animale esotico. Gli addestratori illuminati cercano di imparare tutto ciò che possono riguardo a quella specie, dall'anatomia alla struttura sociale, per capire come pensino, cosa piaccia e cosa non piaccia loro, cosa riesca loro facile e cosa no. Per esempio, un elefante è un animale sociale, per cui è abituato alla gerarchia. Non salta, ma può reggersi sulla testa. Ed è vegetariano.

L'animale esotico conosciuto come Scott è un solitario, ma è un maschio alfa. Quindi la gerarchia gli importa, mentre non gli importa di stare in gruppo. Ha una discreta preparazione atletica, ma si muove lentamente, specialmente mentre si veste. Sciare gli viene naturale, ma non l'essere in orario. E' un onnivoro, ed è quello che un addestratore definirebbe motivato dal cibo.

Non appena cominciai a pensarla in questo modo, non riuscii più a fermarmi. Alla scuola in California, prendevo nota di come si porta a spasso un emù o come ci si fa accettare d un lupo come membro del branco, ma intanto pensavo "non vedo l'ora di provarlo su Scott."

Durante una esperienza sul campo con gli studenti, ebbi modo di assistere ad un addestratore professionista mentre descriveva come avesse fatto ad insegnare a delle gru coronate a smettere di atterrare sulla sua testa e le sue spalle. Ci riuscì addestrando i trampolieri ad atterrare su tappetini stesi a terra. Questo, spiegò, è quello che viene chiamato un "comportamento incompatibile," un concetto semplice ma brillante.

Piuttosto che insegnare alle gru di smettere di atterrare su di lui, l'addestratore insegnò agli uccelli qualcos'altro, un comportamento che rendesse impossibile il comportamento non desiderabile. Gli uccelli non potevano atterrare sul tappetino e su di lui contemporaneamente.

A casa, sfruttai i comportamenti incompatibili per tenere Scott fuori portata mentre cucinavo. Per attirarlo lontano dal piano cottura, preparavo del prezzemolo da tritare o del formaggio da grattare all'altra estremità della cucina. Oppure mettevo in bella mostra una ciotola con patatine e salsa. La cosa funzionò subito: niente più Scott che mi aleggiava intorno mentre cucinavo.

Seguii quindi gli studenti al SeaWorld di San Diego, in cui un addestratore mi introdusse il concetto di Sindrome della Conferma Minima (least reinforcing syndrome, L.R.S.). Quando un delfino fa qualcosa di sbagliato, l'addestratore non reagisce in alcun modo. Aspetta alcuni secondi, facendo ben attenzione a non guardare il delfino, quindi ricomincia il lavoro. L'idea è che qualsiasi reazione, positiva o negativa, alimenti un comportamento. Se un comportamento non provoca nessuna reazione, tipicamente scompare da solo.

A margine delle mie note scrissi, "Provare su Scott!"

Fu solo questione di tempo perché tornasse rastrellando la casa in cerca delle sue chiavi, al che non dissi nulla e continuai a fare quel che stavo facendo. Occorse un bel po' di disciplina per mantenere la calma, ma i risultati furono immediati e sorprendenti. Il suo nervosismo si smorzò molto al di sotto della sua tipica furia e svanì come un temporale estivo. Mi sentivo come se gli avessi tirato un baccalà.

Ci risiamo; lo sento sbattere un cassetto, razzolare in mezzo alla carta in una cassa nell'ingresso e poi salire le scale. Io, ferma al lavello. Quindi, com'è ovvio, tutto torna in silenzio. Un attimo dopo, entra in cucina con le chiavi in mano e dice calmo, "Trovate."

Senza voltarmi rispondo, "Grande, a più tardi."

Ed esce con il nostro cane, molto più calmo.

Dopo due anni di addestramento di animali esotici, il mio matrimonio fila molto più liscio, mio marito è più facile da amare. Una volta prendevo le sue mancanze sul personale; i suoi vestiti sporchi per terra erano un affronto, un segno di quanto poco ci tenesse a me. Ma pensando a mio marito come ad una specie esotica mi ha dato la giusta distanza per considerare le nostre differenze in maniera molto più oggettiva.

Ho adottato il motto degli addestratori: "Non è mai colpa dell'animale." Quando i miei tentativi di addestramento andavano a vuoto, non ne attribuivo mai la colpa a Scott. Invece escogitavo nuove strategie, pensavo ad altri comportamenti incompatibili e usavo approssimazioni più piccole. Sezionai il mio stesso comportamento, cercando di capire come certe mie azioni alimentassero le sue. Imparai anche ad accettare alcuni comportamenti troppo radicati, troppo istintivi per disimpararli. Non puoi impedire ad una talpa di scavare, e non puoi fermare mio marito dallo smarrire portafoglio e chiavi.

I PROFESSIONISTI citano casi di animali che comprendono l'addestramento a tal punto che finiscono per usarlo con l'addestratore. Il mio animale fece lo stesso. Quando le tecniche di addestramento funzionarono a meraviglia, non resistei dal dire a mio marito tutto quanto. Lui non si offese, anzi, ascoltò divertito. Mentre spiegavo tecniche e terminologie, lui assorbiva. Molto più di quanto non avessi immaginato.

Lo scorso autunno, nella mezza età inoltrata, ho scoperto che avevo bisogno di un apparecchio per i denti. Non era solo un'umiliazione, ma anche una tortura. Per settimane le mie gengive, i miei denti, la mandibola e i seni nasali vibravano in modo innaturale. Mi lamentavo spesso a voce alta. Scott mi rassicurava dicendomi che avrei fatti l'abitudine ad avere del metallo in bocca. Non successe.

Una mattina, mentre mi lanciavo nell'ennesima tirata su quanto fossi a disagio, Scott si limitò a guardarmi in modo neutro. Non disse una parola di comprensione né di dissenso ai miei lamenti, nemmeno un cenno col capo.

Presto la mia rabbia si esaurì e se ne andò. Quindi capii cosa stava succedendo, mi girai e chiesi, "Stai applicando la L.R.S.?" Silenzio. "Non è così?"

Alla fine mi sorrise, ma la sua L.R.S. aveva già agito. Cominciò quindi ad addestrare me, la Moglie Americana.


Translated from The New York Times through LifeHacker


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1 commento:

Anonimo ha detto...

E' una storia molto divertente e forse "tristemente" reale.
Il finale mi ha sorpreso e anche soddisfatto (sono un maschio).
Devo dire che in molti ambiti, vedi il marketing, si utilizza da tempo la psicologia, l'addestramento mette in pratica principi di psicologia risultanti da studi comportamentali.
Perchè non usarlo anche sui coniugi? (Soprattutto se è a fin di bene).
Ricordate però che senza affetto la psicologia da sola non funziona (anche i cani vanno "amati", loro lo sentono).

Roberto.